IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella camera di consiglio dell'8 novembre 1996 sul ricorso n. 323/96 proposto dall'associazione italiana per il World Wildlife Fund Italia - Fondo mondiale per la natura, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Giadrossi, con domicilio eletto presso di lui in Trieste, via XXX ottobre, 17, come da mandato a margine del ricorso; contro la regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente in carica della giunta regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Renato Fusco, con domicilio eletto presso l'ufficio legislativo e legale regionale in Trieste, via Milano, 1, come da deliberazione della Giunta regionale n. 3246 del 19 luglio 1996 e da mandato a margine dell'atto di costituzione; e nei confronti del Ministero delle politiche agrarie, alimentari e forestali e del Ministero dell'ambiente, in persona dei rispettivi Ministri in carica, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, domiciliataria ex lege; dell'associazione friulana migratoristi, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gianfranco Comelli e Alfredo Antonini ed elettivamente domiciliata presso il secondo in Trieste, via Lazzaretto Vecchio, 2; per l'annullamento del D.P.G.R. 4 agosto 1995, n. 0256/Pres. contenente il regolamento di esecuzione della l.r. 1 giugno 1993, n. 29 sulla disciplina dell'aucupio; Visti gli atti e documenti depositati col ricorso; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate; Udito il relatore, consigliere Enzo Di Sciascio ed uditi, altresi', i procuratori delle parti costituite; Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue: F a t t o L'associazione ricorrente ha chiesto l'annullamento dell'atto regolamentare in epigrafe, deducendo una serie articolata di motivi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili, proponendo altresi', in via subordinata, diverse questioni di legittimita' costituzionale, relative a disposizioni della l.r. 1 giugno 1993, n. 29, che contiene la disciplina dell'aucupio, di cui l'impugnato D.P.G.R. 4 agosto 1995, n. 0256/Pres. costituisce il regolamento di esecuzione. Hanno variamente replicato le parti intimate. Con sentenza parziale n. 10 del 1997 questo, tribunale, disposta l'estromissione dal giudizio dei Ministeri intimati, ha provveduto a rigettare, siccome infondati, tutti i motivi di gravame proposti ed ha ritenuto manifestamente infondate tutte le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, eccezione fatta per la seguente. Si e' invero ritenuta non manifestamente infondata quella che denuncia il contrasto dell'art. 3 della predetta legge regionale n. 29/1993, con l'art. 4, terzo comma, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, in quanto la norma regionale citata prevede che gli impianti di cattura degli uccelli, delle specie di cui e' consentita l'utilizzazione a fini di richiamo, vengano gestiti, per concessione delle province, da soggetti privati che abbiano frequentato appositi corsi, organizzati dalle medesime amministrazioni provinciali, d'intesa con l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, ed abbiano superato il prescritto esame finale, ovvero che, precedentemente all'entrata in vigore della legge medesima, abbiano esercitato l'attivita' di cattura di uccelli, in base alle allora previste autorizzazioni regionali, per almeno un biennio. Detta disposizione, che prevede invece l'esercizio degli impianti da parte delle province, che possono farli gestire solo da personale valutato idoneo dall'I.N.F.S., ente che rappresenta l'interesse nazionale alla protezione della fauna, non sarebbe derogabile nemmeno dalla potesta' legislativa esclusiva, di cui la regione e' titolare in materia di caccia, ed eccederebbe inoltre la potesta' meramente integrativa, che essa possiede in materia di tutela della fauna, in violazione degli artt. 4 e 6 dello statuto. Con la sentenza parziale predetta, nell'assunto che la disposizione legislativa regionale, di cui si controverte, attenga alla disciplina dell'attivita' venatoria, sottoposta alla potesta' legislativa esclusiva della regione Friuli-Venezia Giulia, il collegio ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, nei termini da precisarsi con successiva ordinanza, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge regionale n. 29/1993, per violazione dell'art. 4 dello statuto regionale, ed ha conseguentemente disposto la sospensione del giudizio, e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. D i r i t t o Com'e' dato evincere dalla narrativa in fatto il ricorso e' diretto all'annullamento integrale del D.P.G.R. 4 agosto 1995, n. 0256/Pres., contenente il regolamento di esecuzione della l.r. 1 giugno 1993, n. 29, concernente la disciplina dell'aucupio. Diverse disposizioni di detto atto normativo (artt. 5, 6, 7, 8, 11, 12, 13) dipendono, in quanto ne sono l'attuazione o ne presuppongono l'esistenza, dalla vigenza del sistema concessorio, previsto dall'art. 3 della legge regionale n. 29/1993, in base al quale l'attivita' di cattura degli uccelli e' esercitabile, su concessione dell'amministrazione provinciale, da privati, o qualificati in base alla frequenza ad un corso, organizzato d'intesa con l'I.N.F.S., e al superamento del relativo esame, ovvero, ed anzi con preferenza, senza qualificazione alcuna, ma in virtu' dell'esercizio di detta attivita' per almeno un biennio, in base ad autorizzazioni rilasciate a norma della previgente legislazione regionale (si tratta, in pratica, degli ex uccellatori). Detta norma e' oggetto della proposta questione di legittimita' costituzionale, in quanto, innovando al diverso sistema, previsto dall'art. 4, terzo comma, della legge n. 157/1992, che, prevedendo la concessione alla gestione degli impianti di cattura degli uccelli per inanellamento e cessione a fini di richiamo soltanto alle amministrazioni provinciali, che ne affidano la gestione esclusivamente a proprio personale, qualificato e valutato idoneo dall'I.N.F.S., disporrebbe in ordine all'interesse nazionale alla tutela della fauna selvatica, di cui all'art. 1 della legge predetta, che costituisce, a' sensi dell'art. 4, primo comma, dello statuto della regione Friuli-Venezia Giulia, limite alla potesta' legislativa esclusiva regionale. Il collegio pertanto ritiene rilevante la proposta questione ai fini della decisione del ricorso. Invero essa rappresenta l'unica parte del thema decidendum che non sia stata ancora risolta con la sentenza parziale, menzionata nelle premesse in fatto, ed il suo accoglimento da parte del giudice delle leggi comporterebbe, pressoche' inevitabilmente, con la declaratoria di incostituzionalita' della norma legislativa presupposta, l'annullamento delle norme regolamentari di essa esecutive, consentendo l'accoglimento in parte qua del gravame. La questione proposta appare altresi' al collegio non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 1 e 36 della menzionata legge n. 157/1992. Invero il primo comma dell'art. 1 di detta legge, che fin dal titolo significativamente si propone di dettare norme per la protezione della fauna selvatica, dispone che detta fauna e' tutelata "nell'interesse della comunita' nazionale", dimodoche', al comma successivo, viene precisato che la sua conservazione costituisce limite all'esercizio della facolta' venatoria e, deduce il collegio, alla relativa potesta' legislativa regionale in materia. Per quanto concerne le regioni a statuto speciale, come il Friuli-Venezia Giulia, oltre alla disposizione del successivo terzo comma, che le invita ad emanare norme in materia di tutela della fauna selvatica "in base alle competenze esclusive, nei limiti stabiliti dai relativi statuti"; di poco rilievo nella fattispecie, non avendo la regione intimata competenza esclusiva, ma solo integrativa in materia, ex art. 6 dello statuto, viene in rilievo in particolare il settimo comma dell'art. 36, che impone alle regioni ad autonomia differenziata di adeguare, entro un termine stabilito, "la propria legislazione ai principi ed alle norme, stabiliti dalla presente legge, nei limiti della Costituzione e dei rispettivi statuti". In altri termini la legge n. 147/1992 si propone come paradigma dell'interesse nazionale della tutela della fauna selvatica, che la legislazione regionale, anche esclusiva, in materia di caccia non puo' compromettere. Ne e' riprova l'obbligo, di cui al citato art. 36, di adeguamento dell'intera legislazione regionale di settore "ai principi e alle norme" di detta legge, cui non sfuggono le regioni a statuto speciale. Se la locuzione predetta si interpreta come apposizione di un limite alla competenza regionale, costituito da tutte le norme della legge n. 157/1992, in quanto espressione del menzionato interesse nazionale, non pare revocabile in dubbio che l'art. 3 della legge regionale n. 29/1993, poiche' disciplina le concessioni degli impianti di cattura degli uccelli cacciabili per richiamo in maniera del tutto difforme dall'art. 4 della legge statale predetta, costituisce esercizio della potesta' legislativa esclusiva regionale in materia di caccia, che non si esplica "nel rispetto degli interessi nazionali", come vorrebbe l'art. 4 dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia. Le conclusioni, in ordine al mancato rispetto di detto limite da parte della norma in esame, peraltro non cambiano anche se si intende, come ritiene il collegio, limitato il menzionato obbligo di adeguamento da parte della legislazione regionale ai soli principi, evincibili dalla legge statale ricordata, leggendo cioe' il disposto dell'art. 36 succitato, che obbliga ad allineare le leggi regionali in materia "ai principi e alle norme" della legge n. 157/1992, come diretto a far rispettare soltanto le norme di principio, che essa contiene, nelle quali unicamente si esprimerebbe l'interesse nazionale alla protezione della fauna. Invero, ad avviso del collegio, tale qualificazione andrebbe senz'altro riconosciuta all'art. 4 della legge n. 157/1992, in quanto detta disposizione vuole garantire, attraverso la riserva della gestione degli impianti di cattura da parte di personale, dipendente dalle province a cio' autorizzate dalla regione, l'imparzialita' che, per dettato costituzionale, deve ispirare l'operato della pubblica amministrazione, e, attraverso di essa, l'effettivita' dell'equilibrato perseguimento del predetto interesse pubblico, senza compromettere la legittima attivita' di caccia, e senza sacrificarlo ad essa, in modo da non privilegiare alcuna tra le opposte sollecitazioni delle associazioni venatorie e di quelle ambientalistiche. Del pari detta norma si propone di garantire il buon andamento dell'attivita' di cattura, attraverso la prescrizione di riservare detta gestione soltanto a personale, ritenuto idoneo dall'I.N.F.S., cioe' dalla piu' qualificata istanza tecnica nazionale del settore, onde ridurre al minimo la possibilita' di danni alle specie protette, che per incuria o insensibilita' degli operatori, possono incappare negli impianti relativi, garantendo la selettivita' di questi attraverso la professionalita' di quelli. L'imprescindibilita' del raggiungimento dei descritti obbiettivi, che possono essere garantiti soltanto dalla gestione pubblicistica degli impianti, nei termini che il predetto art. 4 disegna, ne garantiscono il carattere di disposizione di principio e di limite alla potesta' regionale, in quanto espressione di modalita' irrinunciabili di perseguimento di interessi pubblici nazionali. Al contrario detti valori sono in gran parte negletti dalla contestata disposizione dell'art. 3 della legge regionale n. 29/1993, che affida la gestione degli impianti a soggetti privati "abilitati", intendendo per tali in primis "i soggetti gia' titolari di autorizzazione all'esercizio della cattura di uccelli" cioe' gli ex uccellatori, che hanno diritto di precedenza nell'ottenimento della relativa concessione, e solo secondariamente coloro che hanno superato l'esame finale a seguito di appositi corsi, in cui l'I.N.F.S. interviene peraltro solo come soggetto che concorre ad organizzarli, d'intesa con l'amministrazione provinciale, ma non necessariamente come gestore degli esami finali (per cui anzi, a' sensi dell'art. 12 del regolamento impugnato, si prevede una commissione esaminatrice di cinque membri, di cui uno solo e' designato dall'I.N.F.S. medesimo, mentre, ad esempio, due membri sono indicati dalle associazioni dei "tenditori", o ex uccellatori). Ne' l'imparzialita' ne' la qualificazione degli operatori nell'attivita' di cattura, a tutela dell'indicato interesse nazionale, sono pertanto garantiti dalla disposizione, della cui costituzionalita' si tratta. Essa configura un assetto cosi' sbilanciato a favore delle istanze venatorie, da far dubitare il collegio dell'idoneita' a essere assunta come parametro del perseguimento della tutela della fauna selvatica. In ogni caso la disposizione all'esame non appare conforme alla normativa, che fissa i principi irrinunciabili, attraverso cui l'interesse a tale tutela viene definito, con conseguente inosservanza dei limiti, posti alla potesta' legislativa esclusiva dall'art. 4 dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia. In base a quanto finora esposto, essendo stata la dedotta questione di costituzionalita' ritenuta rilevante ai fini della decisione del ricorso e non manifestamente infondata, il collegio deve disporre la sospensione del giudizio e la remissione degli atti alla Corte costituzionale, affinche' si pronunci in proposito.